lunedì 6 giugno 2016

Dodici


Jaime, assalito da tutte quelle domande, capisce che non riuscirà a resistere a lungo alle insistenze di Loredana. Le ha sempre voluto troppo bene per tenerle nascosto qualcosa. No, questo non è esattamente vero… non più almeno…
Fin da piccoli sono stati così legati! Ai tempi della scuola elementare separarli per più di qualche minuto era un’impresa, e infatti la maestra faticò per convincerli a stare anche con gli altri loro compagni. Alla fine vi riuscì, ma i due continuavano a essere uniti da un forte legame. Che bei tempi erano quelli! La vita era molto più semplice e non c’erano segreti su segreti a complicare le relazioni. E comunque non era mai stato il caso di Jaime e Loredana, dato che si dicevano sempre tutto. Anche quando la ragazza aveva cambiato il suo nome in Sol Carré, Jaime era stato il primo cui l’aveva detto.
Tutto ciò, però, ormai è cambiato. Ed è cambiato dal giorno in cui Joemi gli ha svelato la vera ragione per cui la loro madre se n’era andata, ancora molti anni prima, e l’ha pregato di non dire niente a Loredana. E il ragazzo capisce benissimo le motivazioni della sorella e rispetta la sua decisione.

Jaime si riscuote da questi pensieri, tornando al presente: Loredana ormai ha capito che le sta tenendo nascosto qualcosa, ma non si tratta del fatto che abbia ucciso la sorella! Come avrebbe mai potuto? E per quanto riguarda quella serata… quella maledetta serata... ha capito che forse il suo affetto per Loredana ormai va oltre la semplice amicizia… Ma tutto questo gli rende ancora più difficile tenere il segreto!
Loredana, però, non può entrare in quel bagno. Jaime ha visto perfettamente che una figura sospetta vi stava entrando e che poco dopo vi era giunta anche Clothilde. Con ogni probabilità quella psicologa ha già fatto la fine di Joemi, e Loredana, dopo aver già visto la sorella morta ed essere quasi stata uccisa, rientrerebbe in stato di shock se vedesse un altro cadavere.
Quella, però, non è la sola ragione per cui Jaime le impedisce di entrare: se anche quella donna fosse ancora viva, forse sarebbe meglio morisse, anzi, probabilmente sarebbe la cosa migliore per tutti, perché la ragazza non sarebbe costretta a ricordare dolorosi fatti passati, mentre quelli che potrebbero essere svelati, che certo solo Clothilde sarebbe in grado di portare alla luce, continuerebbero a rimanere un segreto.
- Adesso basta Jaime! Fammi entrare! – urla Loredana, correndo verso la porta come una furia. 
Il ragazzo, preso alla sprovvista, non riesce a bloccarla e accade l’inevitabile. La ragazza grida, accasciandosi per terra. Jaime si precipita a soccorrerla e vede che Clothilde non è ancora morta, anche se ha una larga e profonda ferita che le attraversa il torace per il lungo.
– Aiuto! Venite presto! C’è stato un tentato omicidio, Clothilde è gravemente ferita!-
Subito arriva una squadra di medici che la portano d’urgenza in sala operatoria, mentre un’infermiera accompagna Loredana, che a mala pena si regge in piedi, nella sua camera.
Solo Jaime rimane nel bagno, assalito da un insieme di sensazioni contrastanti: preoccupazione, per i due già tentati omicidi, per le condizioni dell’amica, perché il segreto, di nuovo, rischia di essere svelato; sollievo per aver chiamato i medici in tempo, prima che Clothilde fosse spacciata, e perché, passato quel momento di pura pazzia che l’ha assalito poco prima, capisce che la vita di una persona vale molto di più di ogni segreto. 
Ma a queste emozioni se ne aggiunge un’altra, ancora non ben chiara… un’idea che gli ha sfiorato l’anticamera del cervello, ma non è ancora riuscito ad afferrare appieno...
Si guarda un po’ intorno... e capisce.
Proprio quel fatto inconfessabile di cui è a conoscenza, lo sta aiutando a svelare i misteri di quelle aggressioni.

sabato 4 giugno 2016

Undici

- ...ah sì..., me li ricordo quando ballavano “Boom Boom” come due pazzi cronici, malati del blues in quel locale… JAIME! - urlò stupita Sol, e col cuore in gola.

Sudore intorno agli occhi. Lo avvertiva di nuovo, come se fosse provocato dalla maschera veneziana che lui aveva letteralmente adorato la notte prima.

Era apparso. Dalla piccola vetrata sulla porta l’aveva visto passare come un essere indifferente e inconsapevole del fatto che all’interno di quella camera si trovava proprio lei, la sua cara amica (o la sua femme fatale?).
- Come mai non si è fermato? Forse non sa che io sono qua. Magari è in questo ospedale per altro... ma sì. Io sono solo l’ombra di mia sorella. Una lurida mocciosetta. Mi sono stancata di tutto questo: forse devo solo farla… finita - pensò Loredana ansiosamente.
- Che cosa hai appena strillato? Je t’aimais, tu m’aimais. Qu’est-ce que tu as dis, mon trésor? - disse la psicologa francese, impaziente del suo racconto.
- Niente. Io non ti amo e non amo nessuno. Sono solo un’altra misera mattonella nel muro che tutti voi maiali mi avete costruito intorno. Una formica che vaga in questo mondo di stortura e d’artificio in cui la mia dannata madre mi ha sputato - disse Sol. 
E cadde addormentata. Troppo sforzo aveva fatto: era ancora troppo debole.

La pazza criminologa era ormai esausta di questo caso enigmatico. Si alzò dalla sedia, fuori di sé. Purtroppo, doveva aspettarsela una reazione del genere. La barista si risvegliava da uno shock gravissimo e dalle cose più orribili della sua vita, che per giunta le erano capitate solo in pochi giorni.

Ma la donna non sapeva che ormai era troppo tardi. Ignorava che le potesse accadere qualcosa di brutto. Ella era sempre stata talmente sicura di sé e della sua professione... lei: così folle ed intelligente. SBAGLIAVA. Troppa gente vanitosa affollava quel mondo tempestoso. Qualcuno bisognava pur eliminare. Ecco. Lei... era di troppo. Stupida ficcanaso.
Accese la luce accecante del bagno dei degenti, il quale comunicava anche con l’altra stanza d’ospedale. Andò verso il lavandino. Si lavò le mani, e poi le alzò per lavarsi la faccia. Le fece scorrere sul suo fine viso e, aprendo i suoi occhi brucianti di confusione, vide, scritto sullo specchio davanti, ciò che ormai era troppo tardi impedire:

“Donna avvisata, morte assicurata”

Terrore. Buio. Caldo. Salto. Lampo. Corpo tagliato.

Sol si risvegliò liberandosi da quell’ombra che l’aveva inseguita la notte nei suoi sogni. Ora la sua vescica pretendeva disperata d’essere svuotata. Iniziò perciò a dirigersi verso il luogo del delitto.
Improvvisamente, la porta della sua stanza venne sbattuta violentemente:
- Non aprire quella porta, Sol...per favore non farlo...non aprire la porta del bagno, Loredana Carré! -
- Jaime, p-pensavo che tu...n-non fossi qui p-per... ah, lasciamo stare! Finalmente ti sei fatto vedere. Non sai cosa ho passato in queste ultime ore senza te. Ora mi sento meglio, fortunatamente. La signorina Clothilde ti farà sicuramente il terzo grado su ogni minimo particolare. A proposito, dove è finita quella perfettina di psicologa francesina? ohm ohm ohm, baguette Tour Eiffel, je suis française et la reine du monde entière... - ironizzò la ragazza, quando quasi stava per sfiorare la maniglia del bagno.
Ma lui non aveva né tempo né voglia di ascoltare le sue stupidaggini da ragazzina prepotente.
- Non-aprire-quella-fottuta-porta! - ripeté, guardandola con occhi penetranti ed inquietanti. Sguardo del genere mai aveva fatto capolinea sui suoi occhi celesti.
- M-ma Jaime, perché m-mi guardi così? M-mi fai paura. Ti prego, non essere arrabbiato con m-me. Per oggi, ho già fatto camminare abbastanza la signora Clothilde sul lato oscuro di Sol Carré! -
- Siediti sul letto. Stai calma. Non faccio niente…MA TU... -
- C-cosa? Ma io, cosa? N-no Jaime, tu mi nascondi qualcosa. Quella sera i tuoi occhi me lo stavano raccontando. Le tue pupille emanavano paura. Terrore. Sgomento. Tu tremavi. C’era qualcosa di surreale che tuttora noto nel tuo comportamento. Ma no, ovviamente, tu non puoi aver ucciso nessuno! Come si spiegherebbe la tua freddezza quando chiamasti los carabineros? Ah! E poi inviasti tu a Joemi per posta quel biglietto con il numero di telefono di Pablo, per farglielo incontrare dopo che si era separata da Arturo? Tu le volevi bene, lo so, e mi rassicuravi sempre, dicendomi che a Francoforte, da papà, tutto si svolgeva per il migliore dei modi. Tutte queste cose erano sincere, giusto? Non è vero, eh? Mio piccolo, non è vero? -


Dieci


Fortunatamente l'ambulanza arrivò nel giro di pochi minuti. I paramedici spostarono su una barella il corpo sanguinante della ragazza e Clothilde con altri due poliziotti seguirono la vettura fino all'ospedale Llobregat di Barcellona.
Sol, o meglio Loredana, presentava un'emorragia interna e finì anche in coma. Clothilde non la lasciò sola un minuto, nonostante alcuni suoi colleghi si fossero proposti di darle il cambio.
Dopo quasi una settimana passata in stato vegetativo, la ragazza iniziò a rifiutare il respiratore, cominciando prima a muovere le dita delle mani e poi ad avere come degli spasmi. Clothilde corse fuori dalla stanza e cercò per tutto il reparto il primario, affinché provvedesse a staccarla dalla macchina respiratoria.
Il primario chiamò a sé alcuni medici ed insieme entrarono nella stanza della ragazza, mentre la criminologa era costretta a rimanere nel corridoio. Chiamò quindi i suoi colleghi per dar loro la bella notizia.
Una mezz’ora più tardi, si presentò inaspettatamente davanti a lei l'ispettore Hernandez, pronto ad assillare di domande Sol il prima possibile. 
- La lasci stare per un po', avrà sicuramente bisogno di riposarsi prima di rivivere tutto questo! -, lo rimproverò in tono cagnesco Clothilde. 
- Ma lei non capisce... Sol probabilmente ha visto chi ha provato ad ucciderla e lo conoscerà di sicuro! Dobbiamo sapere chi sia quanto prima, così potremo metterlo dietro le sbarre! - protestò l'uomo che, per quanto fosse un brillante ispettore, era testardo come pochi in tutta la città. Infatti, offeso, aggiunse: - Tipico di voi francesi: tendete a procrastinare tutto! -
A quel punto, la donna perse la pazienza: 
- Voi spagnoli invece non capite niente, non avete il minimo tatto! -
- Non osi mai più a dire una cosa del genere, noi siamo catalani, non spagnoli. Ma è vero, che cosa ci capite voi francesi, che studiate solo la storia del vostro paese? -
Tra i due scoppiò così un'animata lite sui più assurdi stereotipi francesi e spagnoli, tanto che non si accorsero che esattamente di fronte a loro si trovava il primario che li squadrava. 
- Una volta finita la guerra agli stereotipi, vorrei comunicarvi che Sol Carré sta bene -.
L'ispettore e la criminologa avrebbero voluto correggere il medico dicendogli che in verità la ragazza si chiamava Loredana Carrè, ma non era poi così importante in quel momento.
- In questi giorni è bene che non subisca pressioni di alcun tipo, sebbene sappiamo in cosa è stata coinvolta. Potrebbe andare in uno stato di shock ed avere delle crisi respiratorie... In più, dovrà rimanere ricoverata almeno altre sei settimane. E' stata davvero fortunata, sapete? Con la ferita che aveva riportato avrebbe potuto morire -.
Il primario si congedò e lasciò i due soli, che si guardarono in silenzio per qualche secondo. 
- Entra tu, sei evidentemente più portata di me a gestire queste situazioni! - concluse Hernandez, con grande compiacimento di Clothilde.
La criminologa entrò lentamente nella stanza, sfoggiando il più caldo dei suoi sorrisi. 
- Ciao Sol... volevo dire Loredana! -
- Arturo Montalti - disse semplicemente la ragazza guardando nel vuoto.
- C-come, scusa? - domandò perplessa la donna.
- Arturo Montalti mi ha aggredita... lo riconoscerei ovunque!-
Clothilde cercò nella sua borsa arancione il piccolo registratore che si portava sempre dietro e lo accese, facendo in modo che Sol non lo vedesse.
- Ti va di parlarmi di quest'uomo? - le chiese dolcemente, e la ragazza le fece un cenno di sì con la testa.
- L-lui era il fidanzato di mia sorella... -.

martedì 3 maggio 2016

“Non cercate oltre se non volete altri cadaveri.”


Clothilde e gli agenti della polizia entrarono dunque correndo nella stanza, e videro Sol per terra, coperta dal proprio sangue. Il manico d’un coltello era ancora tra le dita della ragazza, ma le finestre della sala erano spalancate ed accanto al corpo c’era un foglio spiegazzato.         
 Clothilde fece chiamare l’ambulanza, mentre leggeva la lettera anonima:                            “Non cercate oltre se non volete altri cadaveri.”

Nove

Sol guardava le sue mani tremare sotto il tavolo, mentre la psicologa psicopatica la interrogava per la seconda volta. 
- Sol, - disse Clothilde, appoggiando i gomiti davanti alla ragazza, - chi è Joemi Carré? -.
Per l’ennesima volta Sol esitò a rispondere, ma ora la criminologa perse la pazienza:
- Joemi Carré era la tua sorella gemella. Tu l’hai uccisa: magari perché ti vergognavi del suo lavoro? O forse perché pensavi di fare un favore al mondo, a uccidere una ladra tossico dipendente? Dimmelo tu, Sol, perché hai ucciso tua sorella come una bestia senza anima? -
Le dita prima tremolanti della ragazza adesso erano paralizzate, i suoi occhi erano offuscati dalle lacrime e la sua mente cercava di capire come uscire dalla situazione. Alla fine, cedette e cominciò a piangere.
– Non ho fatto niente di male - si difese singhiozzando.
- Allora spiegami perché tua sorella è stata trovata morta vicino al tuo bar? -
- Non lo so. Io non ho fatto niente di male. - Ella ripeté. 
- Dis-moi la verité, perché hai cambiato il tuo nome da Loredana in Sol? -
Sol si alzò e batté le mani sulla porta per chiedere aiuto. Ma i due agenti la presero e la rimisero a sedere. 
– Lasciatemi stare! - esclamò.
La criminologa, invece, la prese per il mento e le ordinò di dire la verità. 
- E’ così: Loredana Carré è il mio vero nome. Io decisi di chiamarmi Sol perché Loredana era il nome di mia nonna: era lei che badava a me e mia sorella. Era una donna elegante e dolce, e ci insegnava sempre a non essere materialiste, ma ciò che contava veramente, cioè buone e rispettose. Mia nonna era affettuosa con le sue nipoti, ma non altrettanto con la nuora: lei e mia madre non andavano mai d’accordo, perché lei accusava mia madre di essere una cacciatrice di dote e di non amare veramente mio padre. -
Sol chiuse allora gli occhi; invece Clothilde prendeva nota di ogni singola parola. 
- Quando mia nonna morì, lasciò tutto alla nostra famiglia, ma mia madre rifiutò di accettare l’eredità e anzi, abbandonò me e mia sorella. L’unica cosa che seppe dirci mio padre fu “un giorno tornerà.” -
Sol piangeva forte, pensando che la madre non era mai tornata e che non avrebbe mai più potuto rivedere Joemi. 
- Calmati! - disse la psicologa - Perché, ma belle Sol, eri diretta a Francoforte? -
La povera ragazza si era intanto tranquillizzata, ed adesso era convinta di poter sistemare tutto se diceva tutta la verità:
– Mio padre abita a Francoforte. Anche se non si è mai interessato tanto a noi, magari potrebbe aiutarmi.-
- In che modo, Sol? -
- Non lo so. So solo che io non ho ucciso mia sorella: anzi, non sapevo nemmeno che si trovasse in Spagna. Volevo solo capire che cosa era accaduto quando me ne sono andata da casa. -
- Da casa... Intendi da Francoforte? - chiese la criminologa interessata, e già pronta a prenotare un biglietto per Francoforte per risolvere il mistero. 
- No. - 
La criminologa alzò gli occhi per guardare Sol e corresse:
- Dall’Italia? -
La ragazza annuì e specificò: - Sì, da Bologna. Prima della morte della nonna, la mia famiglia viveva a Bologna. -
La criminologa sorrise quando udì queste nuove informazioni. Poi si alzò dalla sedia e disse ad uno degli agenti di prenotare dei biglietti d’aereo per Bologna, e anche lei uscì dalla sala per cercare informazioni sulla famiglia Carré di Bologna.

Ma proprio quando stava per tornare dove aveva lasciato la ragazza, sentì un urlo che le penetrò le orecchie come la lama d’un coltello affilatissimo.
Clothilde e gli agenti della polizia entrarono dunque correndo nella stanza, e videro Sol per terra, coperta dal proprio sangue. Il manico d’un coltello era ancora tra le dita della ragazza, ma le finestre della sala erano spalancate ed accanto al corpo c’era un foglio spiegazzato.
Clothilde fece chiamare l’ambulanza, mentre leggeva la lettera anonima: “Non cercate oltre se non volete altri cadaveri.”

mercoledì 30 marzo 2016

Otto

Sol, o meglio Loredana, se ne stava seduta su una panchina di ferro dell’aeroporto, in attesa che cominciassero ad imbarcare i passeggeri per il volo diretto a Francoforte. Aveva sempre odiato il suo vero nome, lo detestava con tutta sé stessa. D’altronde, lo aveva scelto sua madre, quella donna senza cuore che aveva abbandonato lei e la sorella a soli tre anni. Loredana non era mai riuscita a perdonarla, mentre Joemi, lei era troppo buona. Ed era sempre stata lei la preferita del padre: a lei veniva fatto prima ogni regalo e a lei erano rivolte tutte le attenzioni .
Quando la madre se n’era andata di casa, Joemi era stata male, aveva pianto a lungo e ininterrottamente e aveva continuato a soffrire per mesi. Ma poi, incapace di cattivi sentimenti, l’aveva perdonata, anzi, aveva pensato che magari aveva le sue buone ragioni.
Loredana, invece, aveva promesso a sé stessa che mai e poi mai sarebbe tornata sui suoi passi.
Ora batteva i piedi ritmicamente sul pavimento, tormentata da un senso di ansia che ogni secondo si faceva sempre più forte.
Ad un tratto, il telefono che teneva tra le mani prese a squillare freneticamente. Cercò di decifrare il numero, ma per sua sfortuna non lo conosceva.
- Pronto? - rispose con un filo di voce.
- Mademoiselle Sol? - chiese una voce squillante di donna dall’altra parte. Lei la riconobbe subito, era l’unica persona con cui non avrebbe voluto parlare al telefono. Sapeva benissimo che Clothilde sarebbe presto stata in grado di scoprire dettagli piuttosto inquietanti sulla sua vita personale. Glielo aveva letto negli occhi.
- S-sì - balbettò lei.
- Abbiamo bisogno di chiarire alcuni dettagli riguardo l’omicidio di questa mattina. Dove si trova in questo momento? - chiese quella con indomabile accento francese.
- Ecco...io… - la voce le tremava, nessun suono riusciva ad uscire dalla sua bocca. Chiuse la chiamata, pensando di cavarsela con poco.
Ma al commissariato Clothilde, che in testa aveva già chiaro il suo piano, aveva fatto rintracciare il numero di Loredana da un agente, proprio durante il corso di quella breve telefonata. Ed ora era più che mai decisa a trascinarla in commissariato prima che riuscisse a scappare chissà dove.
Perciò, come un fulmine, attraversò l’ufficio indicando due agenti scelti ad intuito.
- Avec moi! - disse, ed i due la seguirono senza fare domande.
- Non riuscirà a scappare! - annunciò mentre si precipitavano fuori, diretti alla macchina della polizia. Spalancò la portiera accomodandosi al posto di guida, mentre gli altri due si sedevano uno affianco a lei e uno di dietro.
- Arriviamo, ma belle! - esclamò poi in tono solenne, mentre sfrecciava a velocità incalcolabile verso l’aeroporto.

Sol aveva le idee piuttosto confuse. Non sapeva cosa ne sarebbe stato di lei una volta arrivata a Francoforte. Continuava a rigirarsi il cellulare tra le mani, incapace di restare calma. Poi una voce all’altoparlante la rasserenò.
- I passegeri del volo K1499, diretto a Francoforte, sono pregati di presentarsi al gate numero 6 per l’imbarco.
Soddisfatta, afferrò la borsa e cominciò ad incamminarsi verso il sesto gate, sentendo ad ogni singolo passo di essere sempre più vicina alla salvezza.

Clothilde parcheggiò senza troppa attenzione: la sua guida selvaggia li aveva fatti arrivare a destinazione prima del previsto. Schizzò fuori dall’auto correndo verso l’entrata dell’aeroporto, seguita dai due agenti. Si fece strada tra la folla esibendo il distintivo a chiunque accennava ad opporsi a lasciarla passare e corse verso il bancone del check-in. Superò tutta la fila e si rivolse con molta disinvoltura alla ragazza bionda in divisa.
- Signora, la prego di rispettare la fila! -
- Non ho tempo per queste sciocchezze, sono della polizia e ho bisogno di sapere se una ragazza di nome Sol Carré ha acquistato un biglietto aereo e qual è la destinazione -.
La biondina mise in azione il computer senza esitare e dopo un paio di clic sbottò:
- La signorina Sol Carré si sta imbarcando in questo momento al gate numero 6, sul volo diretto a... Francoforte -.
- Trovata! - esclamò soddisfatta Clothilde, e senza nemmeno ringraziare prese a correre forsennatamente verso gli imbarchi.

Sol aspettava che aprissero le porte per l’imbarco e ormai il cuore le stava letteralmente sfondando il petto.
- Ancora qualche minuto e ci siamo signori -, annunciò l’addetto all’apertura delle porte.
- Ferma là, non un altro passo! - esclamò una voce terribilmente familiare.
Sol si girò di scatto e si sentì morire.
- Io non… - non ebbe il tempo di terminare la frase per voltarsi e fuggire che Clothilde le era già addosso e le aveva infilato le manette ai polsi.
- Maintenant vous verrez avec nous mademoiselle. Ci devi alcune spiegazioni, mon petit trésor -.

giovedì 10 marzo 2016

Sette

Ancora turbata e stravolta dalla violenta chiacchierata, Sol cercava in tutti i modi di calmarsi e convincersi del fatto che le parole della pazza psicologa fossero bazzecole per incastrarla. Ma Sol lo sapeva di essere innocente, sapeva di non essere direttamente coinvolta nella vicenda e sapeva che nulla poteva essere utilizzato contro di lei. Non avevano prove! Non avevano in mano nulla! 
"Stai calma Sol, tranquillizzati, non è successo niente, sono solo dei poliziotti che cercano di fare il loro fastidioso lavoro! Tu non c'entri niente, non conosci quella maledetta ragazza! Tu sei innocente! Tu sei una brava ragazza, una povera vittima di cui nessuno vuole prendersi cura!" continuava a sussurrare tra sé e sé Sol con voce tremolante ed insicura...
Le venne improvvisamente un'idea folle, forse giustificata dal panico del momento, dalla situazione paradossale in cui si trovava. Raccolse la sua borsa freneticamente, si sistemò i capelli, indossò il suo cappottino di cachemire nero lungo fino alle ginocchia, chiuse il bar e si diresse con passo veloce verso il suo piccolo appartamento al quarto piano. Tirò fuori dallo sgabuzzino una valigetta dentro alla quale mise le prime cose che le capitarono fra le mani: i vecchi jeans strappati che non aveva ancora messo a lavare, un golfino beige con la scritta "New York City", un reggiseno appeso alla sedia, la sua canotta preferita che aveva comprato durante una vacanza in Grecia nel 2012 e tre paia di calzini di colori diversi. Richiuse a fatica la valigia, spense gas e luce e si precipitò giù dalle scale, che le sembrarono più ripide del solito. 
- Un taxi in via dei Conquistatori 76. Faccia più in fretta che può per favore, sto per perdere un aereo. -
Arrivata in aeroporto, Sol esitò parecchio prima di compiere un simile gesto folle, ma non le restava altro da fare: questa storia la stava distruggendo.
- Un biglietto per il primo aereo che va lontano da qui, la prego. -
- C'é un aereo fra mezz'ora per Francoforte. Le potrebbe interessare? -
- Certo, va benissimo! Ecco a lei i documenti... -
Passati controlli Sol poteva finalmente rilassarsi senza essere turbata da nessuno.Si sedette su una comoda panchina, si guardò intorno per qualche istante, aprì la borsa per controllare di avere tutto, poi esaminò il portafoglio... Rimise dentro i documenti che le erano serviti per comprare il biglietto, ma si accorse che c'era qualcosa di strano, mancava qualcosa... I soldi c'erano, la carta d'identità anche, le sue tessere colorate sembravano esserci tutte: quella del supermercato sotto casa, quella della palestra, quella del bar... Ma la tessera sanitaria? Dov'era?
Sul momento non si fece troppe domande, voleva staccare e dimenticarsi di tutto per un po': "L'avrò lasciata a casa da qualche parte, pazienza: tanto a che mi serve in Germania una stupida tessera?", pensò Sol.

"Cara "Sol" o forse farei meglio a chiamarti con il tuo vero nome, "Loredana", hai voluto la bicicletta? E ora ti tocca pedalare, mon trésor..." si disse la psicologa-detective ficcanaso passando dalla porta del commissariato. 

- Vi porto buone notizie, colleghi! Potete smetterla di far finta di lavorare e buttare il vostro schifoso caffè della macchinetta nel cestino: ora si inizia seriamente ad indagare. Seguitemi nel mio ufficio! - esultò con tono trionfante la donna.
Accese il computer con un gesto veloce e deciso. Era sicura di scoprire qualcosa di sconvolgente.
- Eeet voilà!! - esclamò infatti Clothilde. - Venite a vedere qui, cari i miei poliziotti! -
Si trovò mezzo commissariato intorno, con le bocche spalancate e il viso gelato dallo shock. 
- La nostra cara 'Sol', non è affatto 'Sol' come dice di essere, ma si chiama Loredana Carré. La sua fedina penale non è del tutto pulita. Presenta anzi vari reati, come aggressione ad agente pubblico, qualche piccolo furto qua e là e detenzione di droghe leggere in casa. E... attention attention, mes collègues! Segni particolari: sorella gemella: Joemi Carré. 
Direi quindi che è ora di contattare mademoiselle Loredana per qualche spiegazione in più: voi che ne dite? - 
Senza nemmeno aspettare la risposta dei colleghi, Clothilde afferrò il cellulare:
- E dai, rispondi bella, rispondi...! -